Kumarappa, ancora oggi ricordato in India come “l’economista di Gandhi”, raccolse migliaia di interviste e
statistiche nei villaggi, documentando gli archivi con importanti informazioni sulle coltivazioni, gli
allevamenti, i sistemi di irrigazione, i trasporti, le industrie, le situazioni igienico-sanitarie, dedicando le proprie
competenze al servizio degli ultimi, degli agricoltori e di tutti i lavoratori. Il pensiero di Kumarappa è volto a
sviluppare una società solidale di unità rurali largamente autosufficienti, al fine di limitare gli effetti nefasti del
capitalismo più sfrenato e impositivo, dell’economia monetaria e della speculazione finanziaria, in quanto il
presupposto epistemologico di ogni economista dovrebbe vedere nelle scienze economiche un approccio
olistico che non consideri l’uomo un oggetto, evitando di ridurre l’intera esistenza a bieche manovre monetarie.
Infatti, secondo Kumarappa, i modelli di sviluppo sono strettamente connessi con l’insorgenza delle guerre, per
cui i pacifisti devono comprendere quanto sia illusorio voler arrestare i conflitti armati, limitandosi a
denunciarne i crimini e le atrocità implicite, ma sia necessario soprattutto modificare i soggiacenti modelli di
sviluppo economico che ingenerano violenze e guerre.
“L’economista di Gandhi” denuncia come
l’industrializzazione forzata e i moderni processi di produzione siano insostenibili, anche da un punto di vista
ecologico, giudicando negativamente il modello americano capitalista e l’impostazione economica sovietica che
convergono, in realtà, nonostante l’opposizione della guerra fredda, verso uno stesso impianto di potere
centralizzato e urbanizzato, che vede il proprio apice di negatività e di deterrenza militare nella corsa agli
armamenti atomici, con cui le superpotenze si minacciano a vicenda. Kumarappa, negli studi di economia e
nelle applicazioni teoriche e soprattutto pratiche degli stessi, rifiuta il modello produttivo imposto dal potere
centrale che innesta dinamiche e meccanismi produttivi basati sul lavoro alienato dalla produzione in serie e su
larga scala, ma, al contrario, sostiene la necessità di realizzare l’autonomia e l’indipendenza delle comunità,
privilegiando le attività quotidiane di sostentamento e di produzione realizzate nei piccoli villaggi, per
agevolare un’economia di condivisione, dove il commercio sia ridotto all’essenziale, preferendo il baratto e lo
scambio in natura, incentivando così stili di vita sostenibili e sobri, improntati essenzialmente alla parsimonia e
alla semplicità, nella realizzazione di contesti sociali basati sulla nonviolenza e su rapporti di fratellanza,
collaborazione e solidarietà. Lo scontro, la belligeranza, la guerra si ingenerano a seguito della scarsità di
risorse e alla detenzione dei mezzi economici e di produzione da parte del potere centralizzato. Il pensiero di
Kumarappa esorcizza così lo spettro dei conflitti armati e delle violenze nei confronti di tutti gli esseri viventi,
che devono invece orientarsi alla realizzazione di un’economia nonviolenta, di condivisione e di permanenza di
tutti gli esseri umani sul pianeta terra, senza esclusioni ed emarginazioni, nelle comuni relazioni di pace e
fratellanza, nella condivisione dei beni e nella comunione solidale tra risorse, mezzi e persone. Infatti, è
risaputo che i conflitti armati globali sono causati dalla volontà di controllo di diversi Paesi sulle risorse
energetiche petrolifere. Tali risorse sono limitate e l’economia basata esclusivamente su di esse ingenera guerre
tra le nazioni. Dunque la vera soluzione dei conflitti internazionali è da ascrivere all’autosufficienza economica,
a modelli di vita sostenibili, per il benessere di tutti, nel rispetto della qualità dell’esistenza di ogni popolazione
e di ogni persona. La manipolazione mediatica menzognera da parte del potere imperialista soggioga le menti
umane, per cui vengono giustificate azioni di guerra con il pretesto di salvare i popoli dai gioghi dei potenti, in
primavere insurrezionali veicolate dai mass media all’Occidente che risponde con posizioni surrettizie infarcite
di falsità e ipocrisie rispetto alla necessità dell’interventismo bellico. In realtà la controinformazione ha potuto
circolare con analisi dettagliate rispetto alla vera causa delle guerre. È sempre necessario informare sugli orrori
della guerra per vaccinare le menti ottenebrate dalle menzogne del potere massmediatico, proprio come fanno
costantemente vari istituti di ricerca, riviste, siti, social network e associazioni di cittadini che credono nei
valori della Pace, decostruendo le informazioni di massa e analizzando le situazioni e le vere fonti e cause di
violenza, tramite la forza della verità, che denuncia la realtà di fatto: sussiste una volontà di spartizione e di
controllo del pianeta da parte di potentati che detengono il controllo sulle risorse energetiche ed economiche e
fomentano guerre con ipocriti pretesti surrettizi di salvezza di civili inermi dai “gioghi dei potenti”, come è
successo con l’intervento armato in Iraq, in Jugoslavia, in Afghanistan, in Libia e in Siria.