Mancano solo le parabole e l’installazione del terminal terrestre del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare della Marina militare Usa, sarà completo. I lavori, autorizzati nel giugno 2011 dalla giunta regionale di Raffaele Lombardo (unico politico filo-Muos di tutta la Sicilia), procedono con celerità sorprendente. Inesorabili. Laceranti. Sfidando le piogge e i rigori dell’inverno.
L’immensa base di Niscemi, 144 ettari di terreni ricadenti in zona A e B della riserva, è attraversata da auto di servizio, camion pesanti, ruspe, betoniere. Nessun cartello segnaletico sulla tipologia dei lavori, l’importo, gli esecutori. Su un automezzo che impasta cemento è però ben impresso il logo della “Calcestruzzi Piazza Srl”. Più di due mesi fa, le amministrazioni locali sono state informate che la Prefettura di Caltanissetta ha negato all’azienda il certificato antimafia. Il sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino, l’ha già depennata dall’elenco delle imprese di fiducia del Comune, in ottemperanza alla circolare ministeriale sulla cosiddetta white list che punta ad impedire l’infiltrazione criminale negli appalti pubblici. Ma per il MUOS e la stazione di telecomunicazione Usa più grande del Mediterraneo, le normative italiane antimafia sono invece carta straccia.
I lavori di realizzazione del megaimpianto satellitare sono stati affidati dal comando US Navy ad un consorzio d’imprese denominato “Team MUOS Niscemi”, costituito dalla Gemmo S.p.A. di Arcugnano (Vicenza), società leader nella costruzione d’impianti elettrici e dalla LAGECO (Lavori Generali Costruzioni) di Catania. Due aziende particolarmente attive nel business delle infrastrutture militari. La Gemmo, in associazione con un importante contractor statunitense, ha in affidamento il trasporto di armamenti, la gestione dei servizi ambientali e la raccolta dei rifiuti nello scalo aereo di Sigonella e nella base navale di Augusta. La LAGECO, in passato, ha eseguito i lavori di recinzione e la bonifica ambientale dei terreni del centro di radiotrasmissione di Niscemi.
Il subappalto relativo alla movimentazione terra e alla fornitura di cemento è stato affidato invece alla Calcestruzzi Piazza Srl. La commessa è trapelata sui mezzi d’informazione grazie al giornalista Giovanni Tizian. In un documentato articolo pubblicato il 2 novembre 2011 su l’Espresso, Tizian ha denunciato che l’impresa che stava realizzando i basamenti per le antenne del MUOS era riconducibile all’imprenditore Vincenzo Piazza, “persona associata al boss Giancarlo Giugno, ritenuto dagli inquirenti il referente di Cosa Nostra a Niscemi”. “E il nome di Giugno – aggiungeva Tizan – compare persino nell’istruttoria sui telefonini usati per la strage di Capaci: fino al 2003 ha scontato una pena definitiva al carcere duro, poi è stato protagonista di un surreale caso di soggiorno obbligato nelle Marche – dove non è riuscito a trovare casa – e di un lungo divieto di soggiorno in Sicilia”. Nel 2009, Piazza ha lasciato le cariche ricoperte nella società di calcestruzzi. “Al suo posto due donne: la più giovane è socia di Francesco Piazza, figlio di Vincenzo, in un’altra società di costruzioni”.
Del titolare-ombra dell’azienda subappaltatrice del MUOS, l’Espresso ricordava il coinvolgimento nell’indagine “Atlantide-Mercurio” della procura antimafia di Caltanissetta (gennaio 2009), relativa agli affari illegali della “famiglia” Madonia nel comprensorio Gela-Niscemi. L’inchiesta giornalistica destò parecchio scalpore. La Prefettura formalizzò la non concessione del certificato antimafia, ma come è stato possibile verificare, la Calcestruzzi Piazza Srl non si schioda dai lavori del MUOS all’interno della base Usa di Niscemi.
Sulla vicenda, il 14 febbraio 2012, il senatore Giuseppe Lumia (Pd e sostenitore della giunta Lombardo) ha presentato un’interrogazione ai Ministri della difesa e dell’interno. “Il Governo regionale ha più volte sollecitato le autorità americane a mettersi in relazione con le autorità italiane, in particolar modo con la Prefettura di Caltanissetta, per monitorare dettagliatamente la presenza di eventuali imprese mafiose in quest’importante opera, di fatto pubblica, e per far rispettare la normativa antimafia”, scrive Lumia. “Risulta tuttavia che nei lavori sia coinvolta la Calcestruzzi Piazza Srl, con sede a Niscemi ed avente come amministratore unico Concetta Valenti, il cui marito convivente è Vincenzo Piazza, che, in base ad indagini della Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Caltanissetta nonché ad altri elementi info-investigativi segnalati dalle Forze dell’ordine, apparirebbe fortemente legato al noto esponente mafioso del clan Giugno-Arcerito, Giancarlo Giugno, attualmente libero a Niscemi”.
Il senatore Lumia rileva che nel corso di alcune indagini “sono emersi contatti del Piazza con esponenti mafiosi” che “evidenziano ingerenze e condizionamenti di Cosa nostra nell’appalto per i lavori di recupero, consolidamento e sistemazione a verde dell’area sottostante il Belvedere, commissionati dal Comune di Niscemi”. Vincenzo Piazza, insieme a Giancarlo Giugno, è stato inoltre denunciato per il reato di associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione “Triskelion”, eseguita nel febbraio 2010 dalla DDA e dal GICO della Guardia di finanza di Caltanissetta, contro una “cellula” di Cosa nostra della provincia di Enna operante in Lombardia e in Belgio. “Nell’ambito della citata indagine – scrive il parlamentare – il monitoraggio dell’utenza in uso a Antonino Tramontana (soggetto affiliato al clan di Pietraperzia) dava modo di riscontrare plurimi contatti che costui intratteneva con alcuni personaggi pluripregiudicati, tra cui Giancarlo Giugno; quest’ultimo veniva contattato proprio tramite l’utenza in uso a Piazza. Sempre tramite Vincenzo Piazza, altro soggetto mafioso di Pietraperzia, tale Nino Tramontana, il 24 agosto 2006, incontrava Giancarlo Giugno ed era per mezzo del suo cellulare che parlava con Giugno quando si trovava presso l’impianto di calcestruzzo, il 3 settembre 2006, e rintracciava gli operai”. Agli atti dell’inchiesta “Atlantide-Mercurio”, pure la trascrizione di una successiva conversazione telefonica tra Piazza e Giugno, mentre quest’ultimo si trovava in Milano ancora in compagnia di Antonino Tramontana. L’imprenditore si era rivolto al boss per sapere la fine di un assegno di 3.500 euro. Giugno preferì glissare la domanda, riservandosi di parlarne al suo rientro a Niscemi.
Sono proprio le intercettazioni ambientali eseguite durante l’importante operazione antimafia a delineare l’intensità dei legami tra Vincenzo Piazza e Giancarlo Giugno. Quando nel 2006 il boss è in carcere a Tolmezzo, l’imprenditore è in contatto con la moglie Giuseppa Patti. In un’occasione i due parlano di un assegno che Piazza avrebbe dovuto ricevere da tale “Peppe”. Ho parlato con lui, ma non l’ha ancora posto all’incasso, riferiva l’imprenditore. Quindi ritarderò a recapitarle la somma di denaro di una settimana. Il 22 agosto 2006, Vincenzo è tra i pochissimi amici ad essere avvisato dalla Patti della scarcerazione del marito. “Il Piazza promette che il giorno seguente si sarebbe recato presso la sua abitazione sia per salutare Giancarlo Giugno, che per consegnarle qualcosa, verosimilmente la somma di denaro che le aveva promesso in precedenza”, scrivono gli inquirenti.
I contatti tra il boss e l’imprenditore si faranno sempre più frequenti. Il 23 ottobre, essi vengono intercettati mentre parlano di una gara d’appalto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani nel territorio di Niscemi. Per chi fa la gara per questa immondizia, si deve giocare la meglio si deve giocare!, commenta Piazza. Puoi portare quaranta dipendenti Giancarlo, possono essere i più stupidi del mondo… E più stupidi sono meglio è! Giugno lo incalza: Quaranta no, quaranta amici te li sei fatti, te li trovi quaranta famiglie, quando ci sono le elezioni o quando ci sarà qualche cosa te li trovi… Prima del commiato, il boss ricorda all’interlocutore che dovrà ritirare del denaro. Una parte, 15.000 euro, “sarà trattenuta per se stesso”, una quota sarà destinata al Piazza e i rimanenti 25.000 euro “saranno destinati ad altri”.
Il 5 novembre 2006, i due tornano ad incontrarsi per discutere dell’assunzione di due operai all’interno di un cantiere per la realizzazione di gallerie autostradali. Io ho parlato con Michele, ma mi ha detto che può assumere solo le persone che hanno il patentino, spiega Giugno. Il 13 novembre si torna a parlare di somme di denaro da riscuotere, presumibilmente riconducibili all’attività imprenditoriale del Piazza. “La conversazione in disamina evidenzia cointeressenze del Giugno nell’attività espletata dal Piazza: non a caso, infatti, egli utilizza il plurale nelle richieste che formula al Piazza, per il recupero dei crediti”, scrivono gli inquirenti. Di circa quindicimila me ne ha dati tremila!… si duole Vincenzo. Già deve dare ancora dodicimila! Gli ho detto: male che vada, tu porta quegli assegni e ti do un paio di mila euro in contanti e quattro li diminuiamo, qualche altro lavoro te lo faccio fare! Meno di un mese dopo, Vincenzo Piazza comunica a Giugno di essere in possesso di due assegni, ma teme che siano scoperti. Inizialmente si pensa di versarli in banca per farli protestare, ma successivamente si opta per concedere al creditore il tempo necessario a recuperare il denaro. Il 27 dicembre 2006, Giugno e Piazza vengono intercettati mentre effettuano dei conteggi su alcuni assegni nella loro disponibilità. “Dal tenore del dialogo si ricavano cointeressenze tra i due”, ribadiscono gli inquirenti.
Condividono pure un chiodo fisso i due, quello di avere i cellulari e perfino i computer sotto controllo. Quando un giorno si recano nell’impianto della Calcestruzzi Piazza Srl e notano qualcosa di anomalo all’ingresso, Piazza e Giugno si convincono che è stata installata una telecamera dalle forze di polizia. E il boss manifesta pure la preoccupazione per l’eventuale presenza di una microspia a bordo dell’autovettura del Piazza. I comportamenti dell’imprenditore non sono però del tutto lineari. Da una parte teme le indagini dell’autorità giudiziaria, dall’altra stringe relazioni confidenziali con un paio di agenti di Polizia di Stato niscemesi. A uno di essi, Marco Crescimone, Vincenzo Piazza rivela nell’ottobre 2006 che Giugno, preoccupato di essere nuovamente arrestato, evita di farsi notare in compagnia di altri pregiudicati proprio per timore dei controlli di polizia. Lui se ne vuole andare… vuole squagliare di qua.. Dice <
Piazza e Crescimone si soffermano poi sui diversi atti intimidatori verificatisi negli ultimi tempi a Niscemi. I due “temono che la situazione possa ulteriormente aggravarsi”, scrivono gli inquirenti. “Il Piazza riferisce che Francesco Amato, alias Ciccio Pistola e Salvatore Blanco, alias Turi Paletta sono diventati oramai esponenti di spicco del sodalizio mafioso di Cosa Nostra; aggiunge che costoro sono entrati in contrasto con Giancarlo Giugno”. Qualche giorno c’è il botto Marco!… qualche giorno c’è il botto… perché non mi pare che questo Paletta e il Pistola, troppo potere si sono presi…
Il 3 novembre 2006, è il poliziotto Nuccio Gallo a ricevere alcune confidenze dal Piazza. Oggetto, il danneggiamento del Ristorante “Green Hilly”, gestito dall’imprenditore del calcestruzzo. Ieri sera… Hanno rotto i vetri, ho girato attorno, e ho visto la porta d’ingresso principale rotta pure, dei vetri con quella barra pure… Ho una collera che prenderei a qualche figlio di buttana, e trenta anni non me li toglierebbe nessuno… E meno male che sono appoggiato compare! ti immagini se non sarei appoggiato!
Tanto ben appoggiato e protetto che la Piazza Srl continua ad essere un’ingombrante presenza nei lavori pro-MUOStro di Niscemi.