Un elenco incompleto, come evidenziato da Greenpeace, e troppo generico per essere utile [2].
“A parte essere in attesa di sapere quali e quanti detergenti erano a bordo di questa piccola città galleggiante – spiega Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace – sono state veicolate delle informazioni in alcuni casi superficiali. Greenpeace apprezza la trasparenza che ha portato alla pubblicazione dell’inventario, ma l’uso di termini generici come “pitture e smalti” o “insetticida” non permette di effettuare stime apprezzabili dei rischi per l’ambiente”.
Molte sostanze di cui sono costituiti questi prodotti, infatti, sono composti organici a base di cloro, noti per la loro persistenza nell’ambiente e la capacità di accumularsi negli organismi viventi. La loro esposizione nel lungo periodo può comportare serie ripercussioni sulla salute, talora in maniera irreversibile. Inoltre, nell’elenco dell’armatore, non c’è traccia di tutta una serie di “articoli di arredamento” a bordo della Costa Concordia. Si tratta di tappeti, tendaggi, tavoli, elettrodomestici che contengono additivi chimici, molti dei quali pericolosi. Se la nave si dovesse spezzare o rimanere a lungo adagiata sul fondo, sostanze come ftalati, alchilfenoli (tensioattivi non ionici), composti a base di bromo e paraffine clorurate potrebbero, nel corso degli anni, essere gradualmente rilasciate in mare e contaminare l’ambiente circostante.
Quanto al carburante – di cui sono appena state avviate le operazioni di estrazione – si tratta dell’IFO380 un combustibile particolarmente pericoloso per la sua alta densità e per questo vietato nella navigazione in Antartico. La sua fuoriuscita determinerebbe il maggior impatto sull’ambiente dell’Isola del Giglio, che è parte del Santuario dei Cetacei. Ma anche i detergenti, le vernici, gli insetticidi dovrebbero essere rimossi dalla nave il prima possibile, insieme a tutti i materiali solidi, galleggianti e non, che un disastro come quello della Costa Concordia rilascia in mare.
“La tragedia della Costa poteva essere evitata se in dieci anni di Accordo internazionale sul Santuario dei Cetacei fossero state adottate regole specifiche per limitare il traffico marittimo in aree vulnerabili. Oltre a un decreto sulle rotte a rischio in discussione, adesso c’è un’occasione da non perdere, la convocazione del Tavolo tecnico promesso dalle regioni Liguria e Toscana entro il 29 febbraio per discutere di una gestione seria del Santuario. È ora che tutti, compreso il Governo, si assumano le proprie responsabilità” – conclude Polidori.
Nel frattempo sono oltre 28 mila le persone che hanno firmato la petizione di Greenpeace per chiedere al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Corrado Passera, di emanare al più presto di concerto col ministero dell’Ambiente un decreto interministeriale che regoli il traffico marittimo nelle zone a rischio ambientale, come il Santuario dei Cetacei, vietando gli avvicinamenti pericolosi alle coste [3].
Note:
[1] http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/toxic-costa/
[2] http://bit.ly/Al7pUA
[3] http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/oceani/Sbrigati-Ministro-il-ritardo-Costa/