Anna Maria aveva 13 anni quando un branco di “belve” ha iniziato ad abusare di lei, con violenze di ogni genere, nel paesino in cui è nata e cresciuta, San Martino di Taurianova. Le violenze sono proseguite per due anni, finchè Anna non ha trovato il coraggio di denunciare, spinta dall’amore verso la sorellina, su cui il branco aveva deciso di accanirsi di lì a poco.
Appena quindicenne, dunque, Anna Maria ha iniziato la sua battaglia per riappropriarsi della sua vita. E l’ha iniziata da sola e contro tutti: contro i suoi stupratori, ma anche contro il suo paese, che l’ha emarginata e giudicata e condannata, anzichè riconoscerne il coraggio e starle vicina. Come fosse lei la colpevole. Come fosse una “malanova” da tenere lontana…
Quella vicinanza ora vorremmo regalargliela noi. Partendo da una presenza fisica in aula lunedì mattina e stringendoci attorno a lei, per non farla sentire sola di fronte al branco e di fronte a quei concittadini che l’hanno maltrattata. Sarebbe un bel gesto di civiltà della parte pulita della nostra società e, insieme, un segnale forte proprio nei confronti della parte marcia, l’unica che andrebbe veramente e definitivamente emarginata e allontanata.
Da dieci anni Anna Maria combatte la sua lotta ed è riuscita a far condannare, con sentenza definitiva in rito abbreviato, sei dei suoi dodici stupratori. Per gli altri sei è in corso il processo d’appello con rito ordinario (in primo grado sono stati condannati anche loro). Inoltre è riuscita a fare ammonire una decina di persone per stalking.
Le “belve” e i loro “sostenitori” hanno ucciso l’adolescenza e la giovinezza di questa ragazza sfortunata e coraggiosa, ma non la sua dignità e la sua forza.
Due anni fa Anna Maria è stata però costretta a “scappare” da San Martino, ad abbandonare la sua terra a causa delle minacce e persecuzioni che continua a subire dalla “sua” gente.. Vive in località protetta, in una terra che non le appartiene, lontana dai suoi affetti, estirpata dalle sue radici per la sola colpa di essersi ribellata all’ingiustizia, alla violenza, a una mentalità mafiosa e retrograda che troppo spesso al Sud prende il sopravvento su tutto il resto.
Noi tutti abbiamo il dovere di agire, di ribellarci, di resistere contro il destino di migrazione ed emarginazione cui sembra condannato chi, in questo territorio, vuole vivere secondo giustizia, onestà, correttezza, legalità.
Aiutare Anna Maria a riprendersi la sua vita significa aiutare i calabresi onesti a riprendersi la loro terra. A far capire, alle “belve” di ogni tempo e spazio e a chi le protegge e sostiene, che le vere “malanove” sono proprio loro e che sono loro a dover essere estirpate, come una gramigna che rovina i raccolti.
Porsi al fianco di Anna Maria significa porsi al fianco di tutte quelle donne che rivendicano il diritto di vivere e di non subire. Non solo in Calabria.
Significa far sentire loro che non sono sole.
Significa premiare il coraggio della denuncia e invogliare altre persone a non tacere.
Incontriamoci, dunque, lunedì mattina a Cinquefrondi.
Mai più casi come quello di Anna Maria, mai più casi come quello di Maria Concetta Cacciola, mai più silenzio e connivenza.
Associazione Antimafie “Rita Atria”
Fondazione “Giovanni Filianoti”
Aderiscono:
Le Siciliane – Casablanca
Libera – Reggio Calabria
Comitato “Se non ora quando?” – Reggio Calabria
Le autrici di “Non è un paese per donne”
Comitato “Se non ora quando?” Tirreno – Salentino – Pollino
Associazione “Jineca” Reggio Calabria
Stopndrangheta.it