Durante l’intervento, il presidente, al centro della bufera per la repressione violenta delle manifestazioni antiregime in corso da mesi in diverse città, ha ribadito che non intende rassegnare le dimissioni e ha denunciato l’esistenza di un “complotto internazionale” con la partecipazione di alcuni paesi arabi, allo scopo di destabilizzare il paese, attraverso “un attacco mediatico senza precedenti”.
Il presidente siriano ha denunciato “la strumentalizzazione delle divisioni settarie, e delle manifestazioni pacifiche”, ribadendo di non aver mai dato ordine all’esercito di sparare sui dimostranti e ricordando che le leggi siriane “prevedono che si possa aprire il fuoco solo in caso di autodifesa”.
Assad ha detto inoltre che le elezioni legislative, previste in febbraio, potranno svolgersi dopo il referendum costituzionale, “tra maggio e giugno” e si è detto pronto al dialogo con un’opposizione “che non sia pilotata da ambasciate straniere”.
Riguardo alla missione degli osservatori inviati dalla Lega Araba in Siria, con cui il governo ha già cominciato a collaborare, il presidente ha chiesto in tono polemico con quale diritto “altri governanti arabi, comprese le monarchie assolute del Golfo pretendano di dare lezioni alla Siria in materia di democrazia: la loro situazione – ha affermato – è simile a quella di un medico che dice al paziente di smettere di fumare, e mentre lo fa ha in bocca una sigaretta accesa”.
Il presidente si è spinto oltre, fino ad accusare la Lega Araba – che ha sancito il congelamento della membership siriana – di aver sempre fallito “quando si è trattato di sostenere il cambiamento” e chiedendo in tono provocatorio: “Cosa ha fatto in tanti anni per la questione palestinese, per le ingerenze contro la Siria, per prevenire i massacri in Sudan o proteggere le vittime degli attentati in Iraq?”
Riguardo ai due attentati esplosivi che hanno colpito la capitale – un fatto senza precedenti nella recente storia nazionale – Assad ha precisato che intende usare “il pugno di ferro” contro il terrorismo che cerca di infiltrarsi nel paese.
Il discorso del capo di Stato siriano giunge a poche ore dalle dichiarazioni dell’ex alleato e primo ministro di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, che ha messo in guardia dall’escalation verso “una guerra civile, religiosa e settaria” in Siria che potrebbe costituire una “seria minaccia” anche per la Turchia.