Il termine “indignato” è divenuto comune dopo la protesta spagnola del 15 Maggio, a una settimana dalle elezioni amministrative. La parola viene dal libro intitolato appunto “Indignados” scritto da Stéphane Hessel, un signore nato nel 1917 che ha vissuto in prima persona una grande parte di storia politica. Il libro ispiratore si trova a questo link: [http://www.attacmadrid.org/wp/wp-content/ uploads/Indignaos.pdf](http://www.attacmadrid.org/wp/wp-content/ uploads/Indignaos.pdf)

Oggi, questo aggettivo si applica a tutto ciò che è affine al movimento 15M, indipendentemente dal tipo di partecipazione. Da chi segue le notizie alla televisione fino a chi si accampa o addirittura marcia fino a Madrid da Sevilla o qualsiasi altra città. Chi simpatizza e difende la causa della rivoluzione non violenta e chi non crede nel sistema è un indignato.

In quanto agli attivisti che si trovano in prima fila nella causa, c’è un pò di tutto: studenti, disoccupati, pensionati ecc. Ovviamente, chi ha più energia disponibile sono i giovani che non hanno impegni gravosi, non devono portare i figli a scuola o mantenere la famiglia, ad esempio.
Anche le proteste che si sono susseguite sono state di natura diversa. Brevi cortei per le città, organizzati sotto un manifesto comune, che hanno bisogno di una notifica più che di un’autorizzazione sebbene sia necessaria una risposta da parte del governo. Concentrazioni di persone che avvengono in un luogo preciso per un certo periodo di tempo, che si notificano al governo o al rispettivo comune, perché c’è occupazione del suolo pubblico. E poi le assemblee che sono il fenomeno di “toma la plaza” – occupa la piazza – per le quali non si chiedono permessi, si fanno e basta, come nel caso della prima assemblea realizzata per fronteggiare in numero le forze dell’ordine.

In questo momento ci sono assemblee là dove si riesce a mettere insieme un numero sufficiente di partecipanti, in quasi tutti i quartieri di Madrid e anche in molte località fuori dalla città. Lo stesso accade in quasi tutte le capitali delle varie province spagnole. Tutte le assemblee si tengono nelle piazze e nelle strade, con megafono o microfono o con quello che si ha. Nelle assemblee spagnole si partecipa esclusivamente a titolo personale, ovvero non è permesso parlare in nome di qualsiasi tipo di organismo politico o sociale. Quello che pare essere un inconveniente, e in alcuni casi effettivamente lo è, permette però di venire ascoltati senza pregiudizi né etichette, si ascoltano le idee e ognuno vota a coscienza, secondo l’affinità o il gradimento di ciò che viene detto.
Per intervenire ci sono turni e un moderatore. Le offese sono bandite e non è consentito mancare di rispetto. Mentre una persona parla chi ascolta può esprimere consenso agitando le mani in alto, oppure esprimere disapprovazione incrociandole. Se l’interlocutore esce dal tema che si sta discutendo oppure si dilunga troppo, si agitano le mani a forma di rullo. Questi sono i gesti che permettono di esprimere in assemblea la propria approvazione o disapprovazione, in modo rapido e semplice.

Quando qualcuno dissente diametralmente su un accordo al quale si sta arrivando, ha la possibilità di spiegare il proprio disappunto, in modo da far emergere sempre e comunque la ricerca del consenso popolare. Personalmente, ho assistito anche ad assemblee di 5 ore.
Oltre alle assemblee ci sono i gruppi di lavoro, o commissioni. Formati da volontari e sempre aperti alla partecipazione collettiva, lavorano su temi concreti dai quali nascono proposte reali che si portano poi all’assemblea del quartiere; se vengono approvate, passano all’assemblea generale. Tra questi, ci sono gruppi molto interessanti come “Politica a lungo termine” “Politica a breve termine”, “Privatizzazione dei servizi pubblici” “Spriritualità” e altri gruppi più funzionali come i “Punti di informazione al cittadino” o “Dinamizzatori di assemblea”.

Dal mio punto di vista, in questo momento, il movimento 15M sta attraversando crisi interessanti come la definizione di tutto ciò che suona come “rappresentativo” ma ancora non ha individuato una nuova immagine, una proposta alternativa all’attuale modello già superato. Ad esempio, ogni volta che è necessario nominare un portavoce per esprimere le proposte di un’assemblea ad un’altra assemblea più ampia, si affannano a delimitare le funzioni di questo portavoce per paura che si senta “rappresentante” e che prenda decisioni senza consultare il gruppo. Ma è solo una fase, non voglio dire che il movimento stia fallendo.
Come Umanisti partecipiamo qui in Spagna alle assemblee, ai gruppi di lavoro e alle manifestazioni, dando il nostro supporto come meglio possiamo. Le nostre proposte, in quanto a posizioni politiche e a metodologia, solitamente riscontrano l’approvazione di chi ci ascolta e ciò significa semplicemente che sono coerenti e che vengono avvertite con positività. Tuttavia, non partecipiamo in nome del nostro organismo ma sempre a livello personale, l’unico metodo permesso qui in Spagna, In altri paesi però chissà che non ci siano realtà diverse in vista del 15 Ottobre.
Ci sono anche alcuni partecipanti che hanno cercato di mettere in dubbio il metodo della Non Violenza Attiva ma al momento la maggioranza è composta da persone che come noi puntano su questa metodologia che continuerà ad essere la bandiera delle mobilitazioni e di tutte le azioni congiunte.

Ebbene, questo è un punto di vista e un’interpretazione totalmente personale, come personale è la partecipazione al movimento che si può realizzare in Spagna, ma non necessariamente deve avvenire nello stesso modo in altri Paesi per l’evento previsto il 15 Ottobre; ciò dipenderà dalla realtà e dal momento storico che vive ciascuna singola nazione.

Tradotto da Eleonora Albini