Come è possibile che nessuno di tutti coloro che oggi fanno la voce grossa contro la manovra
economica metta in discussione le spese militari?
Perché tagliare ancora le spese per lo stato sociale mentre dobbiamo ancora mantenere un esercito
tanto mastodontico quanto inutile di 180mila soldati?
Perché abolire comuni e provincie, con gravi ripercussioni sul livello di decentramento del potere
politico e quindi di democrazia, mentre dobbiamo pagare 20 miliardi di euro per acquistare 131
cacciabombardieri F-35?
Perché migliaia di lavoratori e lavoratrici dovrebbero ritardare il momento in cui possono andare in
pensione, mentre spendiamo altri miliardi di euro per missioni militari nel mondo, e in particolare
quelle in corso in Afghanistan e in Libia, spesso assolutamente inefficaci?
Ecco, quindi, uno dei motivi principali che sta alla base delle crisi economiche in nome delle quali
maggioranze e opposizioni politiche – sempre più inadeguate a rappresentare gli interessi dei
cittadini – propongono manovre economiche sempre più inique.
Per la cosiddetta sicurezza, invece di investire in strumenti di natura preventiva, si continua a
spendere soldi per seguire un modello militare vecchio e ammuffito che ha dimostrato innumerevoli
volte la sua inefficacia.
Stiamo, in sintesi, pagando lo strapotere di una potente lobby trasversale che investe i campi
politico, militare, industriale e finanziario con colpevoli complicità dei mezzi di informazione che
omettono di parlare di uno dei capitoli di spesa più illogici e assurdi: quello delle spese militari.
Invece di tante chiacchiere sono sufficienti poche parole ma chiare: fin quando si spenderanno
tanti miliardi in spese militari, nessun taglio alla sanità, alla scuola e allo stato sociale sarà
mai giustificato.
Partito Umanista