Dalle 2.000 alle 5.000 persone, in base alle stime degli organizzatori
e della stampa, hanno marciato da Atocha alla Puerta del Sol con lo slogan “No a questa riforma
della Costituzione. Non un passo indietro!”

Lungo il percorso, i manifestanti, che avevano risposto all’appello di Democracia Real e
dell’Asamblea de Sol, hanno ripreso a scandire l’ormai famoso “Que no, que no, que no nos
representan” (No, no, non ci rappresentano)

Una gran folla chiedeva a gran voce un referendum, richiesta alla quale si è aggiunta quella dello
sciopero generale.

I manifestanti hanno poi contestato il candidato socialista alle elezioni politiche, Alfredo Pérez
Rubalcaba, per aver appoggiato l’accordo che il presidente Zapatero aveva precedentemente
proposto a Mariano Rajoy, leader del partito di opposizione PP.

Tra i vari striscioni, se ne potevano leggere alcuni con frasi come: “Vogliono costituzionalizzare la
povertà”.

A Barcellona circa 2.000 persone, seconde le stime degli organizzatori, hanno marciato da Plaza
Cataluna a piazza Sant Jaume, passando per le Ramblas, dirigendosi poi verso il Parlamento
regionale.

“Approfittano del mese di agosto per cambiare la Costituzione”, “PP-PSOE golpisti”, o “governo
dei cittadini, non dei mercati”, questi alcuni degli slogan portati avanti dai manifestanti.

In testa al corteo uno striscione recitava: “No alla riforma costituzionale. Il popolo unito mai sarà
sconfitto. (El Pueblo unido, jamas serà vencido)”

Un altro strisicone incoraggiava il resto dei cittadini a unirsi alla protesta: “Come spiegherai ai tuoi
figli che hai perso ciò che i tuoi padri avevano guadagnato. Con la lotta. Il futuro è nostro. Unisciti a
noi”.

Proteste si sono svolte anche in altre città, come Valencia, Santiago de Compostela, Bilbao, San
Sebastián, Logroño, Málaga, Cáceres, Gran Canaria, Saragozza.

Nei loro documenti programmatici letti in varie piazze spagnole, gli “indignados” hanno lanciato
l’allarme contro la riforma costituzionale che “attenta allo stato sociale”, sottolineando come si
cerchi di “porre il profitto di pochi al di sopra della volontà della maggioranza”, sostenendo inoltre
che la riforma è stata imposta dai governi conservatori dell’Unione Europea e dal FMI (Fondo
Monetario Internazionale) per rassicurare i mercati finanziari.

Questa riforma, promossa in piena crisi del debito dal presidente francese Sarkosy e dalla
cancelliera tedesca Angela Merkel, è stata annunciata martedì scorso al Congresso dal capo
dell’esecutivo, Josè Luis Rodrigez Zapatero, dopo che questi aveva raggiunto un accordo con il
leader del PP Mariano Rajoy.

Nel giro di 72 ore, i due grandi partiti avevano già definito tutti i dettagli del patto per modificare
l’articolo 135 della Carta, in modo da introdurre il principio di stabilità finanziaria nei conti pubblici

e fissare un limite al deficit in una futura legge organica.

Il patto tra PSOE e PP garantisce l’approvazione della riforma senza referendum, visto che i gruppi
dell’opposizione non raggiungono il numero minimo di deputati o senatori necessario per chiedere
la consultazione popolare, che è del 10%.

L’unica possibilità di ottenere il referendum è che si producano delle spaccature all’interno del
partito socialista, dal quale si sono levate voci di dissenso.

Governo e opposizione assicurano che obiettivo della riforma è “rafforzare la fiducia e la solvibilità
della Spagna” in piena crisi del debito sovrano che colpisce tutta la zona euro.

Tuttavia la sinistra, i sindacati e i movimenti sociali avvertono che il problema della crisi non è
il deficit pubblico ma l’indebitamento privato fomentato dalle banche. Anche vari premi Nobel e
accademici di economia hanno sottolineato che la riduzione del deficit strangola le possibilità di
ripresa economica e di creazione di posti di lavoro.

Per la prima volta in 30 anni i due maggiori partiti spagnoli arrivano a un accordo per riformare la
Costutuzione del 1978, la cui unica modifica avvenne nel 1992 per adattarla al trattato di Maastricht
per l’adesione della Spagna all’UE.

Traduzione dallo spagnolo di Giuseppina Vecchia per Pressenza International