La popolazione sfida il coprifuoco e continua per la strada. Si parla di due morti e più di 900 persone ferite ed asfissiate per i gas lacrimogeni.
Questa notte si ascoltarono esplosioni, spari e, a dispetto dell’oscurità, si riesce a vedere colonne di fumo tra gli edifici del centro della capitale.
Vari elicotteri sorvolano insistentemente la città e la guardia presidenziale prese e custodisce la sede della radio e della televisione statali.
Sembra che si prepari il terreno per il trasferimento sul luogo del presidente Hosni Mubarak con l’obiettivo di inviare un messaggio alla cittadinanza.
Nel quartiere Maadi, nel sud di Il Cairo, gli abitanti affermarono a Prensa Latina che i manifestanti attaccarono ed incendiarono una stazione di polizia, cosa che obbligò a liberare i carcerati per evitare che morissero bruciati.
In quella stessa area si è prodotta una sparatoria di circa 15 minuti nelle vicinanze della residenza dell’ambasciatrice del Messico, propiziata dai confronti tra polizia e manifestanti che apparentemente pretendevano di occupare l’ambasciata di Israele in questa capitale.
La televisione statale (Nile TV) assicura che le forze armate sono disseminate per tutto il paese in coordinazione con la polizia per ordine espresso del mandatario Mubarak.
Attorno alle 17:30 si è prodotta una specie di tregua tra le forze di sicurezza ed i manifestanti che realizzarono le ultime preghiere del giorno in piena strada, ma dopo il discorso si riannodarono le proteste ed i confronti.
In mezzo ai tumulti emersero le principali richieste della popolazione che sono la rinuncia del presidente, nel potere dal 1981, o per lo meno promettere che non si postulerà nelle prossime elezioni né propizierà la successione di suo figlio, Gamal Mubarak.
Tutti i mezzi informati videro bloccate le loro vie abituali di trasmissione e dovettero ricorrere a chiamate da telefoni fissi per descrivere l’ambiente di Il Cairo, Suez o Alessandria, le città dove si registrarono gli scontri più violenti negli ultimi giorni.
I confronti del passato 25 gennaio, senza precedenti nella storia recente di questa nazione araba, causarono per lo meno sei morti, un centinaio di feriti e più di mille arresti, d’accordo con dati offerti dai gruppi dell’opposizione.