Intervista a Ramòn Llanquileo, giovane agricoltore della Puerto Choque, imprigionato da aprile 2009.
Mentre scriviamo quest’intervista, sono passati più di trenta giorni di sciopero della fame, dieci kili persi e nemmeno una risposta dal governo. Ci sono state manifestazioni in tutto il Cile e all’estero, e sono annunciate ulteriori mobilitazioni. Ramòn risponde con precisione, non una parola di più ne’ una di meno, come se stesse dettando un memoriale. Non parla solo per sé, nelle sue risposte cerca di esprimere il sentimento dei suoi compagni in sciopero, molti di loro appartenenti alla Coordinadora Arauco Malleco (CAM).
**-Perché lo sciopero della fame?**
“In primo luogo, per esigere che non si applichi la Legge Antiterrorista alla causa mapuche. In secondo luogo, che non venga applicato il processo tramite Giustizia Militare. Come mapuche e come civili non abbiamo la garanzia di una difesa giusta, dal momento che il Pubblico Ministero agisce come accusa e giudice. Inoltre, ci stanno processando attraverso due giustizie, militare e civile. In definitiva, quello che vogliamo è la garanzia di un processo giusto. Per finire, chiediamo la libertà per i prigionieri politici mapuche e la smilitarizzazione del territorio mapuche”.
**- Quali sono le ragioni della sua incarcerazione?**
“ E’ dovuta a pressioni dell’imprenditoria. Lo Stato Cileno ha solo garantito gli investimenti degli imprenditori senza rispettare i diritti del popolo mapuche”.
**-Ma, di cosa vi accusano?**
“Dell’attacco al Pubblico Ministero Elgueta”.
**- E voi cosa dite a riguardo?**
“ E’ stato lo scontro condotto da una comunità in conflitto, si è trattato di autodifesa”.
**-Perché non dovete essere giudicati con la Legge Antiterrorista?**
“ Perché la Legge è opera di Pinochet, è stata fatta durante la dittatura per reprimere i movimenti e le organizzazioni sociali, questo è il suo senso, e per lo stesso motivo, a questo punto con la “democrazia” e tutte queste parafernalia, non si dovrebbe applicare, specialmente considerando i reclami sociali della gente. Inoltre, perché il fatto che il governo abbia continuato ad applicare questa legge è chiaramente una difesa degli interessi dell’imprenditoria internazionale e del libero mercato che vige nel paese. Per questo ricorrono a queste leggi. Questa è la vera ragione della nostra incarcerazione”.
**-Cosa pensate della stampa e di come si è occupata del tema?**
“La stampa di Destra non ha detto niente, come c’era da aspettarsi. A livello internazionale è stata dato spazio al tema, ma solo a titolo informativo”.
**-Qual’è la sua relazione con la terra?**
“ Siamo uno (essere, ndt) fra tanti sulla terra e nel mondo. Essa è nostra madre e non possiamo disporre di lei e sfruttarla più del dovuto. Dobbiamo cercare di recuperarla e fare così un uso razionale della terra. Se non facciamo così, ci convertiamo in un huinca(1) dei tanti”.
**-Cosa sta succedendo con la gente che ha comprato terre in zone mapuche, possiede dei fondi, ecc, e sono mostrati dalla stampa come vittime di sequestro da parte dei mapuche?**
“ Il mondo mapuche è ampio, grande, c’è gente che ha preferito entrare in un processo di recupero, nel quale si scontrano con questa gente. Però noi (CAM) non lo condividiamo. Crediamo che non valga la pena di litigare con loro.
La nostra lotta è contro le industrie forestali e minerarie che si installano in quelle zone. Nella zona di Lleu Lleu per lo meno, ci troviamo di fronte a problemi relativi alla proprietà dell’acqua e alle politiche di sviluppo che lo Stato intende avviare nel Wall Mapu”.
**- Avete ricevuto appoggio?**
“Sì, dalla famiglia e da organizzazioni sociali, ma si può fare una critica ai settori popolari di sinistra: loro si sono mantenuti al margine, in silenzio; e chi guarda in silenzio è complice. Si sono coinvolti solo quelli che cercano di trarne qualche profitto politico”.
**- Quali sono in generale le richieste del popolo mapuche?**
“Recuperare i territori usurpati e con questo anelare ad un processo di ricostruzione nazionale. Per noi è semplice, noi recuperiamo un territorio e su di esso ricostruiamo la nostra cultura e religiosità”.
**-Com’è la realtà delle comunità mapuche?**
“Difficile e differenziata. In molti casi prospettare la ricostruzione del nostro popolo genera delle reazioni, molti si sentono cileni. Vogliamo e dobbiamo fare in modo che risorga il popolo mapuche, con identità, unità e religione. Alla fine è una sfida tra imprenditoria, Stato e popolo mapuche”.
**- Riguardo al processo, cos’è successo?**
“ Dura da un anno e tre mesi. Il processo è viziato, giacché secondo la Legge Antiterrorista si possono usare testimoni a volto coperto, che noi non conosciamo e che inoltre possono usare versioni di terzi. Quando si sono sgretolate le accuse, ci hanno di nuovo mandato l’avviso di garanzia(2). Ma è stato invalidato anche quello, perché alcune delle persone sotto indagine sono riuscite a dimostrare che non erano sul posto, uscendo con misure cautelative, e sono ancora in attesa del processo”.
**-E voi cosa vi aspettate dal processo?**
“In relazione a come è stato gestito il processo speriamo di dimostrare tecnicamente la nostra innocenza. Politicamente però sappiamo che la ragione della nostra incarcerazione è l’aver portato avanti un confronto con gli interessi economici della zona”.
(1) Huinca: termine di derivazione mapuche per indicare in generale gli stranieri come non appartenenti al popolo mapuche e con connotazione di invasori e ostili.
(2) Procedimento che nel sistema giuridico cileno si definisce “formalizaciòn”, comparabile con l’ avviso di garanzia.
Traduzione dallo spagnolo di Giada Gentile