“Poco più di una delle 30 testate di cui oggi dispongo le potenze nucleari mondiali sarebbe in grado di spazzare via l’intero pianeta”.
Questa affermazione di Giorgio Schultze, portavoce europeo del Movimento Umanista e della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza è la premessa attorno alla quale ieri, mercoledì 14 ottobre 2009, un gruppo di attivisti formato da 16 rappresentanti della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza israeliani, spagnoli, italiani, argentini, cileni e kosovari e un nucleo del Movimento Umanista e Greenpeace Israele, hanno messo in scena un gesto di grande impatto in uno dei luoghi più importanti della simbologia cristiana: il monte Meggido, meglio conosciuto come Armageddon. Il luogo simbolo della lotta finale fra il Bene e il Male è stato teatro di una simulazione di disastro nucleare durante la quale è stato dispiegato uno grande striscione che riportava la scritta “Disarmo o Armageggon!”.
I manifestanti hanno voluto rammentare che mentre ci affanniamo a diffondere una cultura ambientalista e mettere in guardia dalle conseguenze del riscaldamento globale e dell’inquinamento, basterebbe un gesto banale per distruggere l’umanità intera: la pressione di quello che durante la Guerra Fredda era il pulsante rosso che attivava lo sgancio di una testata nucleare contro il nemico.
“E’ questa la minaccia con la quale gli interessi militari, industriali e finanziari tengono sotto scacco l’intera umanità. – continua Schultze – Non saranno i governi a promuovere un futuro libero da questo tipo di logica e quindi spetta ai popoli di tutto il mondo farsi portatori di un messaggio di pace basato sul dialogo, la tolleranza e la diplomazia come metodo privilegiato e unico di risoluzione dei conflitti e di relazione fra le Nazioni”.
Sharon Dolev, responsabile de la Campagna per il Disarmo e la Pace di Greenpeace Israele ribadisce: “Le armi nucleari rappresentano la maggior minaccia per l’umanità. I tempi sono maturi affinché i Capi di Stato e di Governo di tutto il mondo stabiliscano una data nella quale sedersi attorno a un tavolo per negoziare un disarmo globale. L’arrivo della Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza in Israele ci ricorda che la lotta per un mondo di Pace, libero dalla minaccia delle armi è una causa universale che travalica i territori che vivono il conflitto quotidianamente”.
Dopo la simulazione i rappresentanti della Marcia e i ragazzi di Greenpeace si sono spostati a Kfar Kara, in una scuola multietnica di un villaggio arabo in territorio israeliano. Qui, nella scuola “Bridge over the Wadi”, la convivenza pacifica è una realtà per 250 studenti. Due insegnanti per classe, una araba e una israeliana portano avanti programmi scolastici comuni, insegnando e studiando religioni diverse, ma valorizzando i punti di contatto fra le due religioni e le due culture. Bambini e insegnanti hanno accolto la delegazione della Marcia con canti, giochi e domande. I bambini hanno regalato ai delegati delle magliette e bandierine che riportano messaggi di pace che porteranno a Punta de Vacas nei giorni conclusivi del percorso.
Da Kfar Kara, la delegazione si è spostata a Betlemme per l’ultimo giorno in Palestina, dove l’aspettavano un nucleo di 200 persone, tra cui moltissimi bambini, che l’hanno guidata in marcia attraverso Betlemme da Manger Square ad Aida Camp.
Le parole di Giorgio Schultze restituiscono l’emozione e la commozione di tutti i presenti e i partecipanti:
“Ed eccoci qui a Betlemme, in Palestina. Terra che racchiude le radici delle nostre culture, delle nostre religioni, della nostra storia. Terra di nascita di Gesù Cristo e di Davide. Terra che potrebbe essere uno dei nuclei più rappresentativi ma dove oggi vivere è molto complicato, dove è impossibile sognare, dove non è facile innalzare un grido di pace e dove la violenza ha preso il sopravvento imprigionando la vita e le coscienze. Solo la forza della nonviolenza come metodo di dialogo e risoluzione di ogni conflitto è in grado di rompere questo cerchio di violenza ed abbattere il muro tragico dell’odio. Noi e voi tutti portiamo il peso della possibilità e della responsabilità di mettere la parola fine al conflitto israelo – palestinese. Questa è la prima Marcia che parla in molte lingue, praticamente tutte le lingue del mondo, e coinvolge milioni di persone nel mondo, anche nei luoghi più remoti, mediante tutti i mezzi di comunicazione disponibili. Ma questa Marcia è anche un’esperienza, un percorso a livello personale. Oggi, in questo momento, per un solo istante, tutti noi, in silenzio possiamo percepire il battito del pianeta e dire: Sento l’uomo che è in me, sento l’uomo che è in te, ed è esattamente lo stesso identico profondo battito dell’umanità intera”.
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